Cercheremo di vedere l’apporto della teologia e della ricerca spirituale e teologica di padre Tomas Spidlik nel contesto teologico europeo tenendo presente tre aspetti importanti della ricca personalità di padre Spidlik che abbiamo scelto per questo intervento: il pellegrino, il padre spirituale e il teologo della Chiesa cattolica. Potremmo fare questo piccolo studio in diversi modi altrettanto validi, ma dal momento che sono stati appena pubblicati, vorremmo tener presente contesto di riferimento alcuni passi e sintesi dei Lineamenta del prossimo Sinodo dei vescovi del 2012 sulla Nuova Evangelizzazione e su come introdurre l’uomo di oggi nella fede ecclesiale cristiana. Un fatto è certo. Anche i Lineamenta, e questo è una novità nel campo dell’Evangelizzazione, indicano nel confronto con le Chiese Orientali cattoliche (anche se nel contesto della testimonianza di fedeltà malgrado le grandi difficoltà delle Chiese del Medio Oriente e dell’Europa Orientale) una possibilità. Questo guardare alle Chiese Orientali si potrebbe allargare, come ha fatto Spidlik, alla fede viva dei Padri di queste Chiese? E’ la nostra ipotesi di lavoro che cercheremo di verificare in questa breve comunicazione. Per fare un esempio e per capirci: i Lineamenta parlano dell’urgenza e priorità educativa dei giovani. Se Spidlik nella sua grande opera di ricerca e di scrittore ci dice, in proposito, guardiamo anche alla Paideia (Pedagogia) dei Padri della Chiesa, questo potrebbe illuminare qualche risposta che si daranno alle domande proposte dai Lineamenta? Non vogliamo dare risposte definitive, ma poniamo le basi per porci la domanda.
I Lineamenta (inviati ai Sinodi dei vescovi delle Chiese Orientali Cattoliche sui iuris, alle Conferenze Episcopali, ai dicasteri della Curia romana e all’Unione dei Superiori generali) ci danno l’occasione per inserire la persona e l’opera di Tomas Spidlik in un giusto contesto vicino alla sua esperienza personale: il contesto culturale europeo per non dire quello mondiale, nel quale ci si chiede quali contenuti della fede trasmettere e come trasmetterli. Grazie alla sua personale esperienza accademica e pastorale fatta anche in molti paesi europei e del mondo con giovani, seminaristi, sacerdoti, vescovi, esercizi alla Curia romana, monaci orientali, religiosi di vita attiva, suore di clausura, famiglie…). Padre Spidlik ha avuto modo di approfondire anche un approccio pastorale allo stesso mondo e abbia individuato dei piccoli tesori della tradizione della Chiesa orientale, raccogliendo come le api il miglior polline per il miele, da studiare trasmettere (i contenuti) e l’abbia fatto in uno stile personale umile tenace nel contempo (lo stile, il come), con una sapienza davvero lungimirante.
Padre Spidlik pellegrino
Spidlik si riteneva un vero pellegrino come lui stesso amava dire, e come amava definire la sua stessa mamma pur essendo una semplice casalinga
“Oggi per me è chiaro che il suo atteggiamento (della mamma, ndr) nei confronti della vita può essere definito con un termine solo: pellegrina. Il pellegrino apprezza le cose e le persone nel momento in cui le incontra: il prossimo momento è un altro, di solito assolutamente imprevedibile. Mia madre sospirava di frequente: «E’ già passato. Grazie a Dio è andata bene. Non preoccuparti, non sai che accadrà domani». Significa che non comprendeva l’idea della la vita come continuità? No, era una cosa che sentiva molto. Ma la sua continuità non era quella dei fatti o delle esperienze in sé: era una continuità di percorso. Al pellegrino piacerà ricordare dove è stato e cosa ha sperimentato e altrettanto volentieri vi rinuncerà. Faceva parte del cammino. E’ un cammino predisposto da qualcuno: il pellegrino è consapevole di percorrerlo. Certo deve avere un sentimento religioso nei confronti del cammino, altrimenti si stancherà presto di tanti cambiamenti e avventure prive di collegamenti fra di loro. La spiritualità della Bibbia è tipicamente pellegrina. Uno sguardo profano vede solo un’accozzaglia di fatti slegati, ma con gli occhi della fede vi si trova la storia della salvezza, all’interno della quale non un solo avvenimento è privo di significato. Nella spiritualità slava ci sono celebri pellegrine di Dio, donne semplici che venivano dai nostri prati e boschi (e probabilmente ce ne sono ancora)” (T. Spidlik, Anima di Pellegrino, Gribaudi, 2005, 23-24).
Padre Tomas Spidlik è un pellegrino non solo fisicamente – cfr la sua peregrinatio nei paesi dell’Europa centro-orientale come Bulgaria, Romania, Grecia, Athos, Russia, Ucraina, Slovacchia, Cechia…) e ad altri Chiese di paesi dell’Africa come Egitto, Etiopia, Congo), all’America sulle anse del fiume Missisipi da dove il suo caro e amato musicista-compositore e compatriota Dvorzak ha scritto la Sinfonia Dal Nuovo Mondo e all’Australia, alle Dolomiti insieme ai suoi compatrioti come lui profughi ed emigrati-, ma anche spiritualmente quando cita i versi di Pablo Neruda che gli sono particolarmente cari: “Io non so cosa fui in questo santo mondo,ma di ciò che fui, fui felice”. Non a caso diceva spesso che una delle letture della spiritualità ignaziana preferite era Il Racconto di un Pellegrino, l’Autobiografia di Ignazio di Loyola.
In questo suo pellegrinaggio si rafforza la sua spiritualità di affidamento continuo alla Provvidenza e nel riconoscere la Provvidenza (diceva spesso: “perché affannarsi? Le cose vengono da sole”). Inoltre il Pellegrino incontra tante persone e situazioni: un’accozzaglia di cose e situazioni e persone o una continuità? Risponde Spidlik: “La realtà storica non è data dai cosiddetti fatti oggettivi ma dal fatto di viverli. Ancora oggi sono fedele a questa convinzione nel mio studio pluriennale della spiritualità orientale e ne introduco l’anamnesi multiforme nei miei libri” (Tomas Spidlik, Anima di Pellegrino, Gribaudi, 2005, 30).
Tomas Spidlik: il Padre spirituale sulla scia dei padri
“La nuova evangelizzazione non è una reduplicazione della prima, non è una semplice ripetizione, ma è il coraggio di osare sentieri nuovi, di fronte alle mutate condizioni dentro le quali la Chiesaè chiamata a vivere oggi l’annuncio del Vangelo”: é la definizione che dà il testo dei Lineamenta del Sinodo dei vescovi del 2012.
Spidlik ha sempre detto che quando nella Chiesa si parla di rinnovamento, di novità (di “Nuova” Evangelizzazione) è ormai cosa risaputa che ogni vero rinnovamento vero e ogni riforma nella Chiesa (cfr Y. Congar, Vera e falsa Riforma) si compie con un ritorno in avanti alla Tradizione viva della Chiesa, un ritorno ai Padri, proponendoli al mondo in un modo nuovo, aggiornato, con un linguaggio teologico e spirituale al passo con i tempi. In questa opera di riscoperta dei Padri in Europa e non solo in Europa, padri dei primi secoli del giudeo cristianesimo, padri greci, padri latini, santi evangelizzatori come Cirillo e Metodio, in questa opera di recupero vitale della Tradizione viva può aiutare molto l’Oriente cristiano. Per dirla in una parola la Chiesa nella Nuova evangelizzazione dovrebbe ri-scendere in profondità, verso una riscoperta dei Padri, della paternità spirituale. La cultura dell’occidente ad un certo punto ha rifiutato un modo autoritario di vivere la paternità, come direbbe Olivier Clement (O. Clément, Le Pére de qui toute paternité tire son nom, in Contacts, 52, 190, 2000) a partire dal 1968, in cui si nota l’evolversi di una crisi della società a partire dalla crisi della paternità, che si può recuperare nei cammini di una paternità rinnovata, una paternità più spirituale in cui la dimensione fondamentale è quella sacrificale dell’amore che riesce a ricuperare le relazioni e le storie personali). In questo senso Spidlik ha offerto, un contributo anche all’Europa ferita uscita dal maggio francese: l’esercizio e la riflessione sulla paternità spirituale, a partire dalla sua nomina a padre spirituale del Collegio Nepomuceno. In questo senso il futuro dell’Europa può dipendere ancora molto dai cristiani, ad una condizione: che i cristiani facciano un passo verso una maggiore profondità interiore, da trasmettere ai futuri europei che probabilmente non saranno gli stessi di ora.
Dal di dentro, iz opyta
Padre Spidlik, ha un’atteggiamento paterno verso i figli spirituali. Dio ha posto un seme, la vocazione di ogni persona, e quella bisogna aiutare a crescere dal di dentro (iz opyta) della sua libertà e mistero di ogni persona. E’ come se Spidlik ci dicesse che sarebbe sbagliato imporre i propri piani ai figli spirituali. Bisogna cercare umilmente la vocazione di ogni persona, quella parola che nessuno potrà dire al posto suo e farla crescere e questo è fonte di una pace straordinaria soprattutto per chi fa la volontà del Signore (cfr T. Spidlik, La Vocazione, Lipa, 2010). Allora é molto importante la progettualità della persona, per vedere se essa rimane in una fedeltà creativa alla sua propria vocazione. Allora la preghiera che Spidlik fa spesso è questa: “Signore illuminami perché io possa capire dove Tu conduci questa persona” (Cfr T. Spidlik, Anima di Pellegrino, Gribaudi, 2005, 65). Per Padre Spidlik esiste anche una gradualità del manifestarsi della vocazione, una gradualità nel rivelarsi del mistero, come anche nella Chiesa attraverso cui Dio rivela il suo mistero per simboli, per immagini che si devono completare a vicenda (cfrt Tomas Spidlik, Anima di pellegrino, Gribaudi, 2005, 91), Questa gradualità è saggezza pastorale del padre spirituale: gli esercizi spirituali, per esempio, in accordo con Ignazio di Loyola nelle sue Notae, vanno adattati su misura delle persone con una grande flessibilità intelligente spirituale e umana. E’ quello che ha fatto spesso padre Spidlik’ il quale afferma che attraverso lo studio della spiritualità orientale si è avvicinato di più alla spiritualità di Ignazio di Loyola, anche lui pellegrino e padre spirituale.
Uno sguardo paterno sulla Chiesa e sul mondo
Lo stesso atteggiamento paterno è presente nei principi del suo ecumenismo. La Chiesa per padre Spidlik è ecumenica perché è stata fondata da Cristo per salvare tutti, nessuno escluso. E dice: “così oggi il metodo più opportuno si dimostra quello “ecumenico”: trovare in ogni persona ciò che di positivo lo unisce a Cristo e far si che cresca e si sviluppi secondo la grazia che gli è data e la buona volontà. Solo così si può fare in modo che tutti siano una sola cosa in Cristo. Nel mondo c’è molto male e quindi mancanza di fede, ma c’è anche molto bene. L’apostolato fondamentale della Chiesa consiste quindi nel cercare quel bene, nell’unirlo e nell’aiutarlo a svilupparsi. Con questo si apre alla società tutta e al mondo intero” (T. Spidlik, Anima di Pellegrino, 2005, 92). E’ la ragione per cui non ha mai disdegnato l’incontro anche con persone di diverse religioni. Ma, attenzione, sembra avvertire Spidlik: “L’ecumenismo viene sempre negato quando si enfatizza l’atteggiamento giuridico a discapito dell’interiorità” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 134). Che cosa è tutto questo questa se non capacità di inculturazione della sua fede cristiana con persone di diversa provenienza culturale? La Tradizione della Chiesa, e Spidlik ne è ben cosciente, ha sempre cercato di individuare i semina verbi presenti nelle persone e in una cultura (cfr S Giustino logoi pneumatikoi, Eusebio di Cesarea, Praeparatio evangelica, Massimo il Confessore logos spermatikos….), i segni dei tempi (cfr Concilio Vaticano II, Gaudium et spes e Magistero Cattolico successivo). Questo atteggiamento non è forse una delle possibili risposte che si potrebbero dare ai Lineamenta per il prossimo Sinodo dei Vescovi del 2012 che parlano di “un’attitudine, di uno stile audace”, quale “capacità da parte del cristianesimo di saper leggere e decifrare i nuovi scenari che in questi ultimi decenni sono venuti creandosi dentro la storia degli uomini”?
Sacro e profano
Spidlik parlava della paternità spirituale di tutta la Chiesa e diceva “é così che dobbiamo intendere anche la paternità spirituale della Chiesa, che deve andare al di là di tutte le strutture giuridiche, moralistiche e psicologiche e via dicendo” per arrivare all’interiorità spirituale dell’uomo (T. Spidlik, Anima di pellegrino, Gribaudi, 2005, 67), a partire dalla persona. Questo significa andare in profondità nel prendere ogni persona sul serio nella loro originalità e libertà, per poi risalire alla superficie per gradi, camminando e ricuperando con la grazia di Dio le diverse dimensioni visibili dell’ecclesialità e dell’ecclesalizzazione, dimensioni indissocialibili da qualsiasi esperienza spirituale cristiana autentica. Su questo la sua testimonianza e le sue parole restano tutt’ora credibili: “la Chiesa (non solo la gerarchia ma i veri credenti) deve sentirsi chiamata ad aiutare le persone a scoprire tutti i veri valori dell’universo e della cultura (….) detto semplicemente si tratta di vincere l’illogica divisione del mondo in sacro e profano (…) vedere il mondo liturgicamente dare al mondo un significato spirituale proprio a ciò che esiste oggi” (T. Spidlik, Anima di Pellegrino, Gribaudi 2005, 93) (cfr A. Schmemann, Il mondo come sacramento; cfr Centro Aletti, Teologia pastorale a partire dalla bellezza, Lipa 2005). Questa è una sfida pastorale aperta per tutti noi.
Trasmettere la fede dei Padri che ce l’hanno trasmessa: la vocazione europea
Proprio sulla fede cristiana da trasmettere (cfr trasmissione della fede cristiana nei Lineamenta) Spidlik ha una sua Chiara visione: si tratta della trasmissione della fede viva dei Padri che ce l’hanno trasmessa.
Per Spidlik non si può ignorare il fatto che oggi il cosiddetto mondo cristiano si stia trasferendo dall’Europa ad altri luoghi e l’Europa sta diventando l’Europa dei popoli (per cui la missione Ad Gentes non è più verso l’Africa e l’Asia ma si sta trasferendo sul territorio della stessa Europa, come al tempo dell’invasione dei barbari di Alarico a Roma. Sembra che si stia, verificando, secondo Spidlik, qualcosa di simile di ciò che avvenne alla fine dell’età antica, con la scomparsa dell’impero romano, all’arrivo dei barbari. E all’obiezione che dice che i barbari hanno distrutto la civiltà romana e bizantina Spidlik risponde dicendo: “quella civiltà illustre morì da sola e i barbari ne conservarono solo ciò che riuscirono a prendere”. Infatti “i nuovi popoli barbari divennero cristiani e fu necessario tramandare loro in sintesi “la dottrina dei Padri”. Ossia (oggi) siamo chiamati a tramandare ai nuovi cristiani dell’Asia e dell’Africa la sintesi di ciò che l’Europa ha dato al mondo di veramente cristiano. Questa sintesi però non siamo ancora fino ad oggi riusciti ad esprimerla. Io che provengo dal centro Europa ringrazio il Signore di aver potuto contribuire un po’ a quel compito” (T. Spidlik, Anima di Pellegrino, Gribaudi, 2005, 94).
Fra i Padri, la cui fede cristiana è da tramandare, ci sono anche quelli dell’Oriente cristiano evidentemente. E Spidlik nota che fin dall’inizio del cristianesimo nello sviluppo della teologia patristica possiamo vedere bene che per i greci non si trattò tanto di adattarsi al pensiero semitico, ma di dare al proprio pensiero radicalmente profano un significato cristiano” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 147), cioè facendo crescere i semi del Verbo innestandoli sulla vite mistica della Chiesa.
E in questo modo padre Tomas Spidlik amando e studiando le Chiese d’Oriente ha aiutato la Chiesa Cattolica a guardare con occhi diversi e sempre più costruttivi alle Chiese Orientali. Ha cominciato ad insegnarci una teologia a due polmoni (cfr V. Ivanov ripreso da Giovanni Paolo II) a guardare all’uomo e alla cultura come grandi e privilegiati loci theologici per l’ Evangelizzazione, a cui guardare con uno sguardo ampio dall’Oriente all’Occidente, con la luce dell’Oriente. Spidlik ha aiutato la Chiesa cattolica a ri-scoprire la sua cattolicità più profonda che porta dentro di sé da sempre. E questo non può non riflettersi anche sul modo di guardare il mondo creato da Dio e l’uomo. Questa missione sarà confermata dal suo cardinalato.
La Persona umana, l’esperienza religiosa e l’arte
Sulla scia dei Padri Tomas Spidlik ha sempre sottolineato l’importanza della persona, la sua vocazione, la sua irrepetibilità e la sua infinita libertà che può essere valorizzata e salvata solo da Colui che è la libertà stessa: Cristo (cfr articoli e i commenti di Spidlik su I Fratelli Karamazov di Dostojevskij e su Dostoevskij in genere). Sono le persone che fanno il popolo di Dio che è la Chiesa, mistero e sacramento (cfr Lumen gentium, Vaticano II). La creatività legata alla vocazione di ciascuna persona è capacità creativa dell’uomo, partecipazione alla potenza creativa di Dio.
Tutto il discorso dell’arte, tanto caro a Spidlik, e la sua amicizia con gli artisti come Otmar Oliva, Jan Imelka, Marko Rupnik, l’amore per i poeti cechi come Wolker che sull’isola di Krk vede finalmente il mare negli occhi dei marinai e l’amicizia con poeti italiani, scaturisce dalla sua teologia spirituale dell’uomo: dal di dentro lo Spirito Santo muove le persone e la creazione verso nuovi lidi. Spidlik ricorda il suo maestro p. Hausherr che diceva che “ci si deve occupare della spiritualità come dell’arte: cercare dovunque ciò che c’è di più bello che poi è sempre originale” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 99).
L’esperienza religiosa ha anche una dimensione di bellezza che Tomas Spidlik sperimentava a casa sua nell’infanzia con il ruscello che passava dietro la sua casa e sulle collina su cui cercava di salire. Una bellezza percepita da Spidlik a Firenze nell’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci fino alla Cappella Redemptoris Mater in Vaticano. Per Spidlik la bellezza è una dimensione dell’atto religioso che è “proprio il fatto di sperimentare qualcosa di bello nel mezzo del grigiore della vita” e che non invade troppo le altre sfere.
Spidlik Teologo
In un articolo poco conosciuto, Spidlik afferma che proprio grazie agli starci (ai padri spirituali) per esempio nel monastero di Optina, si è favorito un rinnovamento teologico senza precedenti attraverso la riscoperta dei padri, lontano dai pericoli del razionalismo moderno, nella riscoperta del senso spirituale della vita dell’uomo e del mondo, con la teologia del cuore, con la teologia orante, con la visione del teologo che è un orante e un padre che dice la Parola di Dio (cfr Tomas Spidlik, Il rinnovamento teologico secondo gli starci russi, Communio 96, 1987, 93-107). Dunque fare il padre spirituale può essere anche motivo di ispirazione teologica e culturale? Non dimentichiamo che nello stesso monastero di Optina sono stati attratti molti intellettuali e artisti del tempo. Spidlik aveva fede in Dio e nell’uomo fondamentalmente e si riteneva umilmente un vero padre spirituale.“Non provare l’autenticità della fede con la ragione. Entra nel tempio e cerca”: è quanto gli diceva lo studio del cristianesimo orientale (cfr Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 157). Da questa fede scaturisce una teologia che riesce a leggere la bellezza nella realtà, nell’arte nella storia, nella riflessione degli uomini, riesce a leggere il divino-umano presente nell’esperienza creatrice dell’uomo e sarà quindi essenzialmente simbolica, scopritrice di bellezza ovunque essa si manifesti (cfr(Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 166). La sua teologia è stata anche motivo di ispirazione per gli artisti sopracitati e quindi è stata a sua volta ispiratrice di cultura nel contesto in cui Spidlik è vissuto..
Cirillo e Metodio e la Provvidenzialità degli slavi e l’Europa
E’ chiaro che i Santi Cirillo e Metodio hanno avuto una grande influenza su Padre Spidlik. Grazie alla loro opera anche la Sede Romana intuisce che gli slavi potrebbero diventare una terza potenza dell’ecumene allora conosciuta. Per Cirillo e Metodio gli Slavi dovevano diventare il ponte fra i due blocchi greco e romano ma anch’essi purtroppo si divisero in slavi occidentali e orientali.
Guardando alla cultura europea nel suo insieme Spidlik dice che la cultura europea dai tempi di Cartesio e del progresso tecnico è caduta vittima del formalismo, dei principi giuridici che devono bastare a spiegare il mondo e la società. Dice Spidlik: “Oggi, nella situazione dell’allora Grande Moravia, si trova tutta l’Europa, che avrebbe dovuta diventare il centro e il ponte per la rappacificazione. Prima però deve essere essa stessa cosciente della sua minoranza cristiana, orientale e occidentale. Purtroppo nemmeno gli stessi slavi sono ben coscienti della propria missione (…) anche gli slavi di oggi sono così. Sono stati troppo esclusivamente occidentali e orientali, ma finora non hanno sfruttato bene i veri talenti dati loro da Dio” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 97). Spidlik, infatti, come Vladimir Solov’ev crede che “ciò che hanno dato gli slavi alla Chiesa mondiale non si è ancora manifestato quindi la loro ora deve ancora venire” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 97). Soprattutto in un mondo segnato dalla globalizzazione “in cui a soffrire è il culto del cuore. Del resto, tutto il libro L’idea Russa (Ed. Lipa, Refugium, 1995,), è dedicato a come gli slavi possono contribuire all’arricchimento della cultura dell’Europa di oggi e parla soprattutto del loro contributo originale costituito dal vero personalismo e dalla cultura del cuore” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 98). E’ questa la coscienza di Spidlik: contribuire umilmente alla cultura dell’Europa, offrendo e indicando in via del tutto personale e libera la via della spiritualità slava, la centralità della persona, della cultura del cuore: la coscienza di una missione speciale ed ecclesiale, soprattutto dopo il suo Cardinalato, che comprende la missione di testimoniare il Cristo usque ad effusionem sanguinis.
La Provvidenza e la spiritualità e la cultura del cuore
Un’infinita fede nella Provvidenza: Spidlik in ciò che potrebbe essere giudicato mera fatalità o casualità, vedeva la volontà misteriosa e provvidenziale di Dio: scherzando, ma non troppo, racconta, come gesuita, si sia trovato a Roma grazie alla dimenticanza di un suo superiore gesuita (un caso? Ma nemmeno per sogno!).
La fede che Dio parla al cuore dell’uomo: uno dei punti distintivi della teologia spirituale di Spidlik e uno dei punti per cui Tomas Spidlik è stato oggetto di critiche e difficoltà accademiche. Padre Spidlik riportava un fatterello della sua infanzia: quando la mamma gli chiedeva di andare in Chiesa a prendere più volte durante l’anno l’acqua santa da usare in casa, Padre Spidlik ebbe un’intuizione: se invece di andare a prendere tante volte in un anno l’acqua benedetta, avessimo fatto benedire la fontana che si trova dietro casa avremmo avuto l’acqua santa tutto l’anno, per sempre. La cosa gli rimase come interrogativo teologico e liturgico fino agli anni degli studi teologici in Olanda in cui chiese ad un liturgista se fosse stato possibile benedire la fontana. La risposta non fu negativa, in teoria si poteva fare ma non c’erano formulari liturgici per un’ occasione simile. Ma padre Spidlik capì successivamente attraverso la teologia biblica e lo studio sulla spiritualità di Teofane il Recluso (cf Tomas Spidlik, Lo spirito e il cuore, Editrice Vaticana, 2004), e altri studi, che in un certo senso la fontana benedetta è il cuore da cui scaturisce tutto il resto e che “lo scopo della fatica spirituale è benedire la sorgente costante della nostra azione e cioè il cuore. Ne troviamo un bell’esempio nella vita di San Francesco «Francesco non pregava, diventava preghiera» (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 97). In questo modo il cuore diventa una sorgente inesauribile non solo per chi lo custodisce dal male nella pace-esichia (cfr Evagrio Pontico, Praktikos) ma anche per gli altri. Dice in modo simile Serafino di Sarov, citato spesso da Spidlik: “Custodisci il tuo cuore nella pace e moltissimi verranno a te”. Questo è già un principio apostolico, missionario? Direi proprio di si. E’ nel recupero di tale profondità spirituale che si potrebbe caratterizzare il come trasmettere la fede cristiana anche oggi?: Questo significato teologico-spirituale dell’esicasmo per esempio, potrebbe illuminare ulteriormente la testimonianza cristiana della pace e della luce che vengono dalla vita in Cristo?. Un principio, fra gli altri, da non disprezzare se lo stesso Card Martini a Milano nella Lettera Pastorale ai preti nel Giovedi Santo del 1991, Alzati e va a Ninive, dice che la Nuova Evangelizzazione avverrà per l’attrazione e il contagio che la comunità cristiana con la sua sola testimonianza saprà esercitare sulle altre persone. Anche noi siamo piccole luci dice Benedetto XVI nell’Angelus dell’Epifania 2006. Non dimentichiamo inoltre che nella Chiesa Cattolica a livello di Documenti sulla Vita Religiosa e monachesimo si parla chiaramente a partire dalla Esortazione Apostolica Vita Consecrata del 1996 di strettissima convergenza fra consacrazione e missione, fra comunione e missione, e questo significa un’altrettanto stretto confluire di vita spirituale e testimonianza visibile cristiana re-cuperate unite strettamente insieme nella teologia e nella cultura del cuore. Questo evidentemente è anche la teologia che Spidlik ha umilmente e coraggiosamente insegnato. In questo senso vivere secondo il cuore è vivere secondo la vocazione che Dio ha dato. “I russi – dice Spidlik – per esempio dicevano che la persona più infelice è quella che non può vivere secondo il cuore”. Per questo – continua il nostro padre – dobbiamo amare Dio e il prossimo «con tutto il cuore»” ((Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 105). E se si pratica verso la purificazione del cuore nell’ascolto della Parola di Dio, è bello ascoltare l’ispirazione del proprio cuore per conoscere la verità che è una realtà viva, personale, Cristo.
La Collegialità della Chiesa
Chomjakov, che Spidlik ha spesso citato, diceva: “All’inferno ci va uno da solo, in Paradiso ci va tutto il villaggio”. La collegialità, (in alcuni autori slavi sobornost), della Chiesa è stata la grande riscoperta del Concilio Vaticano II. La collegialità ha una dimensione giuridica ma la ri-scoperta del Vaticano II è la sua dimensione più interna, più profonda: la dimensione spirituale della collegialità, del popolo di Dio (cfr Lumen Gentium) composto da persone in comunione.. Spidlik ha amato molto le discussioni su questo tema durante il Concilio Vaticano e dopo il Concilio Vaticano II. E’ certo un uomo del Concilio, Spidlik, che dirà che “l’idea di collegialità del Concilio è un vero messaggio di salvezza” (Tomas Spidlik, Anima di pellegrino, 2005, 90). Nel modo di procedere conciliare Spidlik individua un punto particolare e molto pastorale per non dire attuale che potrebbe essere illuminato dalla tradizione orientale, che potrebbe dargli una più profonda comprensione. Ebbene, si doveva vedere nell’intento di chi aveva indetto il Concilio Vaticano II, una questione pratica e a noi non sconosciuta: come avvicinare la nostra dottrina tradizionale alla mentalità odierna. Ma il rifiuto degli schemi preparati prima dell’arrivo dei padri conciliari, messo in evidenza nell’intervento del Card Leger, ha messo su tavolo la questione di che cosa sia la Chiesa e quindi la vera domanda è dieventata: “Non discutiamo del modo di pensare del mondo, ma in primo luogo del nostro modo di comprendere la Chiesa. Non c’è la necessità di una conversione? Solo per questa via il Concilio Vaticano II poté diventare infine uno dei maggiori Concili ecclesiologici. Questo derivava da un corretto punto di vista ascetico: non esaminare gli altri ma innanzitutto se stessa” (T. Spidlik, Anima di Pellegrino, 86). Il riferimento implicito, nel pensiero di Spidlik alle regole monastiche tradizionali dell’Oriente cristiano da San basilio a Teodoro Studita e al rinnovamento monastico e teologico del movimento filocalico è evidente. Tra l’altro nei Lineamenta per il Sinodo del 2012 sulla Nuova evangelizzazione che parla della necessità da parte della Chiesa di fare penitenza (cfr in slavo Pokajanje, in greco Penthos) come dimensione fondamentale dell’evangelizzazione stessa e non solo per i recenti fatti accaduti che tutti conosciamo. Di nuovo il nostro padre Spidlik può suggerirci, in merito alla penitenza della cultura europea, un approfondimento grazie ad una teologia che riguarda oriente ed occidente? Questo corrispondeva, tra l’altro, anche ad una grande capacità e dono che Dio aveva dato quello di stabilire relazioni cristiane e mature vere con molte, tantissime persone.
La teologia della vita eterna e le radici culturali
E arriviamo dunque alla vita eterna. Dalla sua esperienza di vacanze sulle Dolomiti con altri confratelli nel sacerdozio dove costruivano a 2000 metri tre tende festeggiando la Festa della Trasfigurazione il 6 agosto, il padre Spidlik ha scoperto che sarà proprio l’icona della Trasfigurazione che studierà più avanti nel suo cammino a confermare quella intuizione dell’Anamnesi, dell’eterno ricordo liturgico (Vecnaja pamjat’ ) punto qualificante della sua Teologia della vita eterna: il significato di Elia e Mosé, figure storiche della storia della salvezza biblica, sono il simbolo della pienezza della salvezza escatologica pre-partecipata nella misura dell’uomo pellegrino sulla terra.
E’ in questa dimensione Anamnetica che Spidlik inserisce il discorso sulle radici culturali, proprie di ciascuno, sulla scia dell’icona cinematografica, definita da Spidlik in questo modo, il film Nostalghija di Andrei Tarkovskj. Il ricordo vivo dei Padri va di pari passo insieme al ritorno alle radici spirituali della propria nazione e del proprio popolo compreso il folklore, i canti e le danze (cfr Teofane il Recluso e cfr Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 118). La vera sintesi si raggiunge nella profondità della preghiera personale e dunque è spirituale. Questa sintesi si può esprimere in due parole: “Lo Spirito (Santo) nel cuore. Se il cuore è separato dallo Spirito l’uomo non è capace di nulla”. (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 119). E la vita eterna sarà un eterno ricordo del bene compiuto in questa vita. Ci viene in aiuto Spidlik per una teologia positiva della vita e della continuazione della vita dopo la morte?
Lo sguardo sulla cultura propria e degli altri
La questione dello scenario culturale, politico, sociale che si presenta oggi alla Chiesa è posta anche dai Lineamenta in preparazione al Sinodo dei vescovi del 2012. La prima domanda che Spidlik si pone, non è tanto come sia la cultura contemporanea per farne un’analisi, ma come guardare alla cultura e all’arte contemporanea. Come abbiamo già visto a proposito del Concilio Vaticano II vale sicuramente come prima cosa la regola ascetica del bada a te stesso (Padri del deserto, San Basilio, san Benedetto….): prima di guardare al mondo la Chiesa ha scelto di guardare a se stessa che guarda il mondo, ha scelto di non esaminare gli altri ma innanzitutto se stessa. Questo atteggiamento non è nuovo nella Chiesa e nell’esperienza monastica ma è riproposto, da Spidlik, e forse non inconsciamente. Vuoi cambiare il mondo? Cambia te stesso”. Evidentemente la cultura slava vista da Spidlik ha grandi potenzialità non solo per gli slavi ma per tutti, in questo contesto. In che modo la cultura delle tradizioni orientali slave possono contribuire allo sviluppo culturale di tutta l’Europa? Spidlik parla solo a titolo personale riferendosi alla sua esperienza e dice: “O la cultura di un’altra nazione mi aiuta a sviluppare meglio ciò che è in me era già stato seminato fin dal principio o è un elemento di disturbo. A me personalmente – continua Spidlik – ha giovato molto l’incontro sia con la cultura italiana sia con quella russa. In questo momento la cultura russa può aiutare i cechi a sviluppare la cultura del cuore che hanno in sé, disturbata da influssi estranei. D’altra parte la mera mescolanza di culture è una globalizzazione che uccide la personalità. Spesso parlo anche con gli studenti cechi di come i ciechi si aggrappino avidamente a tutto ciò che è straniero e mostro loro come ciò che conoscono della propria spiritualità sono solo alcuni nomi vistosi espressi con slogan di tipo giornalistico. E viceversa quando parlo per esempio agli italiani dell’aspetto teologico di alcune poesie di Wolker o Macha, si meravigliano che anche questi popoli (…) d’oltralpe siano in grado di produrre qualcosa di così bello. In più sono riuscito a convincere anche molti non credenti che la spiritualità del cuore ha una missione speciale nel mondo formalista e idealista di oggi” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 187-188). Riconoscere apprezzare tutto ciò che è buono negli altri “è opportuno al giorno d’oggi, come un dono dello Spirito Santo, ma ad una condizione: non nei casi in cui sarebbe danni della propria anima” (Tomas Spidlik, Anima da Pellegrino, Gribaudi, 2005, 197). Ci ritorna l’eco delle Piccole Regole di San Basilio che dicono che il giovane monaco sarà pronto per andare nel mondo quando il mondo non gli farà male (cfr T. Spidlik-M. Tenace-R. Cemus, Questions monastiques en Orient, OCA) Anche questa potrebbe essere un tentativo di risposta ante litteram ai Lineamenta che parlano di audacia dell’impresa apostolica e di dialogo con le altre culture e religioni?
Conclusione
Spidlik ha valorizzato, come ha potuto, la capacità di creare dell’uomo, artistica e poetica, la sua cultura migliore con l’aiuto della visione antropologica dei Padri e della cultura slava. Il cristianesimo di Tomas Spidlik si esprime in uno stile cristiano, personale, relazionale. La sua teologia hanno al centro la persona umana e la “cultura del cuore”. E questo stile crea e irraggia attorno a sé una cultura umana e cristiana al contempo. Il mettersi in relazione con gli uomini di oggi e di ieri (cfr storia e biografia personale di Spidlik), in questo dialogo umile e audace e gioioso è già testimonianza eloquente in questo nuovo tempo in cui ci si deve confrontare con l’ateismo che sembra sempre più agguerrito, secondo i Lineamenta, con una rinata cristofobia (cfr J.H.H. Weiler, Un’Europa cristiana, BUR, 2003). Come dicono i Lineamenta questo sarà il martirio del nuovo tempo, del XXI secolo e Martyria significa testimonianza. La testimonianza di Spidlik avviene più con i timbri della gioia cristiana comunque, piuttosto che con quelli del pessimismo.
Tutto quanto detto in questa relazione è la spiegazione che lui stesso offre del perché nella sua vita Spidlik si sia occupato della spiritualità orientale: la spiegazione fu accettata da un Patriarca della Chiesa ortodossa e fu benedetta dal Santo Padre a Roma.
Il Direttore di una nota Rivista in Italia diceva ultimamente: “Credo fermamente che la Chiesa Cattolica guarderà nei prossimi 20 e 30 anni all’Oriente anche riguardo la cosiddetta evangelizzazione e su come introdurre gli uomini e le donne del nostro tempo alla fede cristiana, cosi come ha guardato per alcuni decenni alla Chiesa uscite dalla Riforma in merito all’esegesi della Scrittura”. In questo senso l’opera di Spidlik risponde almeno all’indicazione dei Lineamenta per il Sinodo dei vescovi del 2012 di guardare anche alle Chiese Orientali nel contesto della Nuova Evangelizzazione. Questo conferma la nostra ipotesi di Tomas Spidlik sj, teologo europeo per la Nuova evangelizzazione? Potrebbe essere proprio questa una dimensione del nuovo slancio, dell’urgente opera di evangelizzazione del mondo contemporaneo di cui parlano i Lineamenta ?…I prossimi anni e la Provvidenza ce lo diranno.
G. M.